Nell’ambito del rapporto di lavoro, anche per la crescente diffusione di modelli di organizzazione aziendale che prevedono lo svolgimento della prestazione lavorativa a distanza, si è posta dapprima la questione della configurabilità o meno del diritto alla disconnessione da parte del lavoratore e più di recente della sua concreta applicazione. Si tratta infatti di un argomento che già da qualche anno si è posto all’attenzione dei giuristi e che in questo periodo è quanto mai opportuno riprendere, dal momento che il legislatore, a causa della situazione di emergenza sanitaria in corso, ha dato forte impulso al “lavoro agile” o “smart working” [1].
Il lavoro agile è stato introdotto da qualche anno nel nostro ordinamento, con la Legge 22 maggio 2017 n. 81 (artt. 18 e seguenti), configurandosi come una diversa modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, caratterizzata dalla flessibilità dell’orario e del luogo della prestazione lavorativa, e non come una nuova categoria legale del rapporto stesso.
I contenuti essenziali del lavoro agile sono: lo svolgimento della prestazione lavorativa in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva; la stipula di un accordo individuale circa le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali anche con riguardo a come è esercitato il potere direttivo del datore di lavoro e agli strumenti utilizzati dal lavoratore; la previsione della durata e del preavviso in caso di recesso; l’indicazione dei tempi di riposo del lavoratore e delle misure tecniche e organizzative per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro[2].
Particolarmente rilevante riguardo la disciplina del potere direttivo del datore di lavoro è l’articolo 21 della citata legge 22 maggio n. 81/2017, secondo cui: “L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile disciplina l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali aziendali nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300[3], e successive modificazioni. 2. L’accordo di cui al comma 1 individua le condotte, connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari.” Nell’accordo individuale l’azienda ed il lavoratore devono quindi concordare le condotte sanzionabili nell’esecuzione della prestazione in smartworking sotto il profilo disciplinare.
Con riferimento alla retribuzione, a norma dell’articolo 20, comma 1, della legge n. 81/2017, il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda.
Rispetto al lavoro agile o smart working uno dei principali nodi problematici riguarda non solo e non tanto il diritto alla disconnessione – la cui disciplina, come detto, è prevista dalla legge con un rinvio all’accordo aziendale relativo alle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa – quanto soprattutto la sua applicazione, con particolare riferimento al rispetto dell’orario di lavoro.
Infatti la definizione di “orario di lavoro” prevista dall’art. 1 del D.Lgs n. 66/2003 riguarda anche il lavoratore agile, che dovrà essere a disposizione del datore di lavoro non solo quando è fisicamente presente in azienda, ma anche quando la prestazione venga resa fuori dai locali aziendali.
Una corretta prassi aziendale dovrebbe essere quella di organizzare la prestazione lavorativa su fasce orarie di reperibilità stabilite in relazione al normale orario di lavoro applicabile alla struttura di appartenenza, fermi soltanto i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero / settimanale previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva.
Ma è legittimo per il datore di lavoro richiedere al proprio dipendente in smart working l’adempimento della prestazione lavorativa anche al di fuori dell’orario di lavoro contrattualmente previsto, ad esempio fissando riunioni su piattaforme digitali e/o inviando comunicazioni via posta elettronica a cui viene preteso un immediato riscontro da parte del dipendente? E il lavoratore è obbligato a eseguire quanto richiesto dal datore di lavoro fuori dall’orario di lavoro?
In generale il datore di lavoro non può chiedere al dipendente di svolgere la propria prestazione lavorativa al di fuori dell’orario di lavoro, salvo che ricorra l’ipotesi del lavoro straordinario. Tuttavia la fattispecie dello svolgimento del lavoro straordinario nell’ambito del lavoro agile non viene disciplinata dalla legge n. 81/2017, che nulla dice in merito.
Pertanto, per poter rispondere in modo esaustivo ai suddetti quesiti è necessario verificare la regolamentazione prevista in merito nei singoli accordi individuali aventi ad oggetto lo svolgimento del lavoro agile con particolare riferimento anche alla previsione o esclusione dello svolgimento del lavoro straordinario. Un ulteriore aspetto che andrà esaminato riguarda la policy disciplinare e la disciplina riguardante l’utilizzo degli strumenti elettronici necessari per effettuare la prestazione lavorativa.
Giova ricordare che in materia di regolamentazione dell’orario di lavoro è intervenuta l’anno scorso anche la Corte Europea, con la sentenza (Grande Sezione- causa C-55/18) del 14 maggio 2019, in cui si afferma che “l’instaurazione di un sistema obiettivo, affidabile e accessibile che consenta la misurazione della durata dell’orario di lavoro giornaliero svolto da ciascun lavoratore rientra nell’ambito dell’obbligo generale, per gli Stati membri e i datori di lavoro, di cui all’articolo 4, paragrafo 1, e all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 89/391, di istituire un’organizzazione e i mezzi necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori”.
Infine appare rilevante in materia anche la Circolare dell’INAIL del 2 novembre 2017 la quale, riguardo al lavoro agile, prevede in capo al datore di lavoro la sussistenza degli obblighi di tutela assicurativa, tutela della salute e di sicurezza dei lavoratori tipici del rapporto di lavoro subordinato[4]. A parere di chi scrive è plausibile che, anche una volta superata l’emergenza sanitaria in atto, la modalità di organizzazione del lavoro agile si estenda sempre di più sia nel settore pubblico sia in quello privato, per cui è auspicabile che le amministrazioni e le aziende che intendano utilizzare questa tipologia flessibile di esecuzione del lavoro, nella disciplina degli accordi individuali, lo facciano contemperando adeguatamente le esigenze aziendali con quelle personali e familiari dei lavoratori.
[1] L’art. 87 D.lgs 17 marzo 2020 n. 18 dispone che: “Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che, conseguentemente: a) limitano la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell’emergenza (..)”.
[2] Cfr. art. 19 D.Lgs n.81/2017.
[3] L’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/70) prevede che: “è vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti”.
[4] Circolare INAIL n. 48 del 2 novembre 2017.