L’Italia ha i salari più bassi tra gli Stati economicamente avanzati (-7% rispetto al periodo pre-pandemia), occorre intervenire con urgenza
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Secondo fonti dell’OSCE e dell’ISTAT[1], tenendo conto della variazione percentuale cumulativa nel periodo dal 4 trimestre 2019 al 4 trimestre 2022, l’Italia, rispetto al periodo precedente alla pandemia, ha registrato la diminuzione più forte nelle retribuzioni (7%) tra i paesi economicamente avanzati. La diminuzione è continuata nel 1 trimestre del 2023 con una flessione su base annua del 7,5 %. Tale dato è in linea con l’andamento storico negativo dei salari nel nostro paese visto che tra il 1990 ed il 2020 si è registrata una diminuzione del salario medio del 2,9 %, mentre negli altri paesi europei in media è aumentato nello stesso periodo.
In particolare in Italia 2.945.877 milioni di lavoratori prendono meno di 9 euro all’ora e 2.248.308 tra i 9 e 10 euro. Gli occupati con contratti “non standard” sono presenti soprattutto nelle professioni non qualificate, nell’agricoltura e nel lavoro domestico ma anche in altri ambiti (es. commercio e servizi). Purtroppo il lavoro povero è divenuto ormai un fenomeno strutturale nel nostro mercato del lavoro e pertanto sono urgenti delle misure per contrastarlo e per rispettare il principio di cui all’art. 36 Cost. che sancisce il diritto del lavoratore ad una retribuzione sufficiente a garantire a sé stesso e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa.
L’aumento dei lavoratori poveri è dovuto a più cause, tra cui il ritardo nel rinnovo di un consistente numero di contratti collettivi (circa il 50% dei lavoratori italiani è coperto da un contratto collettivo che è scaduto da più di due anni) e la proliferazione di accordi sindacali (c.d. contratti pirata) che non rispettano i minimi contrattuali.
Infatti si registra sempre più spesso un quadro all’interno del quale nascono nuove organizzazioni sindacali e datoriali prive di capacità rappresentativa firmatarie di CCNL al ribasso di contrattazione “pirata” nelle relazioni di lavoro. Un ulteriore fattore che ha inciso negativamente sulle retribuzioni negli ultimi anni è il dumping salariale tra i Paesi dell’Unione Europea ed anche al di fuori dell’UE.
In Italia il rischio di povertà lavorativa è più marcato per i lavoratori stagionali, i lavoratori assunti con contratto a tempo parziale, nonché quelli autonomi, e aumenta notevolmente nei nuclei familiari con figli in cui c’è un solo percettore di reddito
Per contrastare il lavoro povero è necessario garantire ai lavori minimi contrattuali adeguati e per farlo occorre estendere a tutti i lavoratori la disciplina dei contratti collettivi (o comunque nell’aumentare la copertura della contrattazione collettiva combattendo il fenomeno dei c.d. contratti pirata), nonché introdurre un salario minimo per legge (nell’area UE il salario minimo esiste in 21 Stati su 27) generalizzato o comunque in settori specifici, in modo da tutelare quelle fasce di lavoratori attualmente non coperte dalla contrattazione collettiva così come è avvenuto in Germania dove l’introduzione del salario minimo dal 2015 ha avuto un impatto positivo sull’occupazione in particolare nei settori meno tutelati e sul PIL.
Adottare nuove misure a sostegno dei lavoratori poveri appare quindi estremamente urgente anche in ragione della situazione determinatasi a causa del tasso di inflazione che, in base all’ultima rilevazione dell’Istat (giugno 2023) nonostante la contrazione per i beni energetici, resta ancora alto (+6,4 % su base annua, da + 7,6 % del mese precedente), soprattutto per i beni alimentari per la cura della casa e della persona (da +11,2 % a +10,5%).
[1] https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2023/07/11/ocse-in-italia-il-piu-forte-calo-di-salari-tra-le-grandi-economie_cdd48a66-fe5e-4a4b-b9c1-64338671d4c9.html
Maternità surrogata e superiore interesse del minore
Articolo pubblicato sul sito del Centro studi Livatino
Indice: 1. Best interests of the child o superiore interesse del minore? 2. Inquadramento del superiore interesse del minore. 3. Infondatezza del diritto ad avere un figlio sulla base della mera volontà degli adulti.
1. All’inizio di questo articolo, che non ha alcuna pretesa di esaustività vista l’ampiezza e la complessità del tema, ritengo sia necessario fare un chiarimento sull’espressione di “miglior interesse del minore” o di “preminente interesse del minore” utilizzata nel diritto italiano la quale non è affatto analoga a quella inglese di bests interests of child.
Infatti il principio del “superiore interesse del minore” che nella giurisprudenza[1] del nostro ordinamento viene generalmente declinato al singolare, nella tradizione giuridica anglo-americana è invece al plurale. Come vedremo, si tratta di una differenza non solo terminologica ma di natura sostanziale e foriera di conseguenze.
Una prima differenza sostanziale è che nel nostro ordinamento il concetto di superiore interesse del minore sembra dare per scontata la preminenza dei diritti del bambino su quelli di altri soggetti portatori di interessi potenzialmente in conflitto (sebbene, come vedremo, le cose sono in realtà assai più complesse), mentre nei paesi di tradizione di common law c’è sempre stato un forte dibattito sulla prevalenza o meno dei diritti ed interessi del minore[2] rispetto a quelli concorrenti. A tal ultimo proposito va infatti osservato che quest’ultimi spesso devono ottenere, in un’ottica di necessario bilanciamento, pari o maggiore considerazione rispetto ad altre esigenze di tutela.
Una traccia evidente di questa differenza di impostazione si trova nella Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989 in cui all’art. 3 nella traduzione italiana (non ufficiale) viene utilizzata l’espressione di “superiore interesse del minore” come nel testo autentico francese, mentre invece nel testo ufficiale inglese è “bests interests”[3].
Nell’ordinamento italiano il riconoscimento dei diritti fondamentali dei bambini ha infatti un fondamento costituzionale in forza del principio personalista contenuto nell’art. 2 Cost., viceversa nella dottrina e giurisprudenza anglo-americana ci si interroga se i minori siano titolari di human rights oppure di moral rights, ossia di semplici doveri morali a carico degli adulti e della società nei confronti di bambini ed adolescenti”[4].
La profonda diversità tra la nostra tradizione giuridica e quella anglo-americana in tema di diritto minorile risiede quindi nel fatto che in quest’ultima non c’è un punto di partenza condiviso, ossia che i minori sono titolari di diritti soggettivi perfetti in quanto naturali e quindi non dipendenti dalla loro capacità e/o volontà di autodeterminarsi.
2. Come detto, il superiore interesse del minore è un principio di rilievo costituzionale inquadrato alla stregua di vera e propria clausola generale che, alla luce degli artt. 2 e 31 Cost. è un parametro di valutazione della costituzionalità delle leggi [5].
Rilevante in materia è l’art. 316 c.c. in cui con la novella del Dlgs 28/12/2013 n. 154 è stato introdotto il concetto di responsabilità genitoriale al posto di quello di potestà, con la promozione dell’elemento degli obblighi dei genitori verso i figli piuttosto che la loro soggezione al potere dei genitori.
Il legislatore italiano ha optato per la soluzione di non fornire una definizione di responsabilità genitoriale. Tuttavia, la relazione illustrativa della riforma sulla filiazione precisa che con il termine responsabilità genitoriale si indica una “situazione giuridica complessa idonea a riassumere i doveri, gli obblighi e i diritti derivanti per il genitore dalla filiazione che viene a sostituire il tradizionale concetto di potestà”.
Inoltre nella stessa norma viene affermato il fondamentale principio di bigenitorialità[6] da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione ed istruzione [7].
Il diritto dei minori alla bigenitorialità trova spazio anche nell’art. 337 ter, comma 1 c.c.: “il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione ed assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
A riguardo la Corte di Cassazione ha affermato che la bigenitorialità consiste nella “presenza comune di entrambe le figure parentali nella vita del figlio e cooperazione delle stesse nell’adempimento dei doveri di assistenza, educazione ed istruzione”[8].
Tornando al concetto di superiore interesse del minore, esso è basato su una valutazione di tutti gli elementi degli interessi di un minore in una situazione specifica a seconda delle circostanze. Le circostanze si riferiscono alle caratteristiche individuali del minore o dei minori interessati come ad esempio età, sesso, situazione pregressa, legami instaurati, appartenenza ad una minoranza, nonché al contesto sociale e culturale in cui si trova.
Pertanto si tratta di un accertamento rigoroso che deve essere sempre effettuato in concreto da parte del giudice nelle vicende che riguardano il minore, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione all’esigenza di uno sviluppo armonico dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale[9].
Nella giurisprudenza di legittimità il concetto di superiore interesse del minore è spesso citato in relazione alla bigenitorialità e l’affidamento del minore.
In particolare la Corte di Cassazione ha affermato che nell’interesse superiore del minore deve essere sempre garantito il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del minore, idonea ad assicurare una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione ed istruzione della prole[10].
3. Tornando al concetto di concetto di best interest del minore in relazione alla tutela del principio di bigenitorialità, la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo ha statuito in più occasioni che nelle materie che riguardano delicate questioni di ordine etico e morale gli Stati conservano un vasto margine di apprezzamento[11].
In particolare la Corte Europea ha affermato che gli Stati non sono obbligati a registrare i dettagli del certificato di nascita di un bambino nato attraverso la maternità surrogata all’estero per stabilire la relazione legale genitore-figlio con la madre designata: l’adozione può anche servire come mezzo per riconoscere tale relazione, purché la procedura stabilita dalla legislazione nazionale ne garantisca l’attuazione tempestiva ed efficace, nel rispetto dell’interesse superiore del minore[12] .
Ad analoghe conclusioni è pervenuta la Corte Costituzionale con riguardo all’annosa questione del riconoscimento del diritto alla genitorialità di una coppia omogenitoriale, statuendo che: “l’esclusione dalla PMA delle coppie formate da due donne non è (…) fonte di alcuna distonia e neppure di una discriminazione basata sull’orientamento sessuale”. E ancora: “la libertà e volontarietà dell’atto che consente di diventare genitori (..) non implica che (..) possa esplicarsi senza limiti (..). E ciò poiché deve essere bilanciata, tale libertà, con altri interessi costituzionalmente protetti: (…) particolarmente quando si discuta della scelta di ricorrere a tecniche di PMA, le quali, alterando le dinamiche naturalistiche del processo di generazione degli individui, aprono scenari affatto innovativi rispetto ai paradigmi della genitorialità e della famiglia storicamente radicati nella cultura sociale, attorno ai quali è evidentemente costruita la disciplina degli artt. 29,30 e 31 Cost., suscitando inevitabilmente, con ciò, delicati interrogativi di ordine etico” [13].
Del resto la stessa Corte Costituzionale, aveva già da tempo preso contezza della necessità di bilanciamento in materia tra “gli interessi del bambino e la legittima finalità di disincentivare il ricorso a una pratica che l’ordinamento italiano considera illegittima e anzi meritevole di sanzione penale”[14].
Inoltre la Corte di Cassazione, con la recente e nota sentenza a Sezioni Unite n. 38162 del 30/12/2022, ha affermato che in tema di gestazione per altri che nel nostro sistema normativo non vi è “un paradigma genitoriale fondato unicamente sulla volontà degli adulti di essere genitori e destinato a concorrere liberamente con quello naturalistico”.
A riguardo le Sezioni Unite, nel menzionare la sentenza n. 79/2022 della Corte Costituzionale, hanno anche chiarito che la fecondazione eterologa deve essere distinta dalla maternità surrogata: nel caso di quest’ultima, infatti, “la genitorialità giuridica non può fondarsi sulla volontà della coppia” in quanto dalla disciplina degli artt. 8 e 9 della legge 40 del 2004 non possono trarsi argomenti per sostenere l’idoneità del consenso a fondare lo stato di figlio nato a seguito di surrogazione di maternità”[15].
La sopra citata sentenza delle Sezioni Unite è importante in quanto afferma che nel nostro ordinamento il riconoscimento giuridico della genitorialità intenzionale non può essere automatico o basarsi su una mera presunzione, ma richiede sempre una valutazione in concreto in relazione a quale sia nella fattispecie in esame tra le soluzioni possibili quella più conforme e adatta alle esigenze del minore.
L’iter argomentativo seguito dalla Corte di Cassazione nella sentenza citata appare ispirato al necessario bilanciamento tra i diversi interessi in rilievo. Infatti l’eventuale riconoscimento automatico del diritto alla genitorialità alle coppie che ricorrono alla maternità surrogata, oltre a “legalizzare” di fatto una pratica lesiva della dignità della donna e delle relazioni umane[16], comprimerebbe in modo ingiustificato la tutela del superiore interesse del minore il quale risulterebbe leso da una impostazione “adultocentrica” ed individualista che tra l’altro si pone in contrasto con i principi costituzionali di cui agli artt. 2 e 3 Cost.
Ma quali sono i diritti del minore che verrebbero sacrificati laddove venisse riconosciuta in modo automatico la genitorialità delle coppie che ricorrono alla gestazione per altri?
Innanzitutto il diritto del minore a poter conoscere le proprie origini e la propria identità genetica, che sarebbe conculcato qualora venisse ab origine privato della figura materna o paterna.
Allargando la prospettiva l’interrogativo di fondo è il seguente: vogliamo costruire una società in cui diventare genitori può dipendere unicamente dalla volontà degli adulti attraverso l’utilizzo delle tecniche riproduttive?
È evidente che riducendo il riconoscimento della genitorialità all’elemento del desiderio e della volontà degli adulti, la nozione di superiore interesse del minore verrebbe compromessa da una logica di tipo strumentale, con tutto ciò che ne consegue in termini di lesionealla dignità del bambino.
Riguardo all’importanza, anche sotto il profilo trascendente, di promuovere la dignità della persona Papa Francesco è intervenuto più volte per denunciare quella ideologia nota come cultura dello scarto, evidenziando in particolare che “(..) persistono fin troppe situazioni in cui gli esseri umani sono trattati come oggetti, dei quali si può programmare la concezione, la configurazione e l’utilità, e che poi possono essere buttati via quando non servono più, perché diventati deboli, malati o vecchi”[17].
Venendo alle conclusioni, è stato giustamente osservato in dottrina come sia necessario che sul piano giuridico “i bisogni di un soggetto in formazione non siano sacrificati alle esigenze di un adulto che ha mezzi per rappresentare e difendere i propri interessi[18]”, mentre nel campo della psicologia minorile è stato altresì evidenziato, in riferimento alla fecondazione assistita, come “vada sempre valutata attentamente la legittimità del desiderio di maternità, nell’indispensabilità però di tenere presente anche il destino del bambino”[19].
[1] Vedi ad esempio Cass. SU 30-12-2022 n. 38162 in cui il principio del superiore interesse del minore viene citato con l’espressione inglese “best interest of the child” utilizzando il singolare.
[2] Il principio della paramountcy degli interessi del minore, che è molto dibattuto nel Regno Unito e negli USA, si traduce in molti provvedimenti giurisdizionali nella prevalenza automatica del superiore interesse del minore nel bilanciamento con i diritti fondamentali di altri soggetti. In senso critico Elisabetta Lamarque, Prima i bambini, FrancoAngeli, 2 ristampa 2022, pp. 77 e ss.
[3] Vedi Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989, ratificata con L. n. 76 del 1991, art. 3, secondo cui “in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente”.
[4] Questo perché il dibattito in materia si svolge per intero all’interno di una tradizione giuridica che “sostanzialmente prescinde dal tema della dignità umana intesa come dote innata di ogni persona, causa e giustificazione di ogni suo diritto fondamentale (Elisabetta Lamarque, opera già cit., pp.41 e ss.).
[5] Sentenze Corte Cost. nn. 308/2008, 61/2006, 425/2005 e 341/1990.
[6] In precedenza era già stato dato risalto al principio di bigenitorialità con la legge n. 54/2006 recante disposizioni in materia di separazione dei genitori, attraverso la previsione dell’affidamento condiviso, che consiste nell’esercizio della responsabilità genitoriale di comune accordo. L’affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori costituisce invece ipotesi residuale, laddove, ad un’attenta valutazione del caso concreto, si ritenga pregiudizievole per il minore l’affidamento condiviso.
[7] Cfr. Cassazione civile sez. I – 16/12/2020, n. 28723; Cass., 8 aprile 2019, n. 9764; Cass., 23 settembre 2015, n. 18817; Cass., 22 maggio 2014, n. 11412)
[8] Cass. 6 Sez. Civ. n. 18817 del 23/09/2015.
[9] Cfr. Cass. 27 marzo 2017, n. 7762, Cass., 23 settembre 2015, n. 18817; Cass., 8 novembre 2013, n. 25213; Cass., 19 ottobre 2011, n. 21651; Cass., 27 giugno 2006, n. 14840; Cass., 30 maggio 1997, n. 4834; Cass. 24 settembre 1996, n. 8413). A tale valutazione globale, da effettuarsi, come già indicato, sulla base delle concrete emergenze di ogni singola vicenda processuale, non si sottrae il vaglio della personalità del richiedente (Cass., 16 novembre 2005, n. 23074), nella misura in cui influisce con l’esigenza di uno sviluppo equilibrato del figlio (Cass. 27 marzo 2017, n. 7762).
[10] Cfr. Cass. civile sez. I 16/12/2020, n. 28723.
[11] Cfr. sentenze 28 agosto 2012, Costa e Pavan contro Italia; grande camera, 3 novembre 2011, S.H. e altri contro Austria).
[12] Grande Camera, parere 10 aprile 2019
[13] Corte cost sent. 04/11/2020, n. 230 e Corte cost. sent. 23/10/2019, n. 221
[14] Corte cost. sent. n. 33 del 2021. In tema di bilanciamento dei diritti del minore vedi anche la sent. n. 85 del 2013 e la sent. n. 10 del 2015.
[15] Cass S.U. n. 38162 del 30/12/2022 p.52
[16] Cfr Cass. SU n. 38162 del 30/12/2022 afferma a riguardo che “Il ricorso ad operazioni di maternità surrogata, quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti, offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane; non è, pertanto, automaticamente trascrivibile in Italia il provvedimento giurisdizionale straniero, e di conseguenza l’originario atto di nascita, che indichino il genitore d’intenzione quale genitore del bambino, insieme al padre biologico che ne ha voluto la nascita ricorrendo alla surrogazione nel Paese estero, sia pure in conformità della “lex loci“.
[17] Papa Francesco, Discorso al Parlamento Europeo, Strasburgo del 25/11/2014, in cui afferma che “(..) Vi è infatti oggi la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali – sono tentato di dire individualistici -, che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una “monade” (μονάς), sempre più insensibile alle altre “monadi” intorno a sé. Al concetto di diritto non sembra più associato quello altrettanto essenziale e complementare di dovere, così che si finisce per affermare i diritti del singolo senza tenere conto che ogni essere umano è legato a un contesto sociale, in cui i suoi diritti e doveri sono connessi a quelli degli altri e al bene comune della società stessa” (cfr. https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2014/november/documents/papa-francesco_20141125_strasburgo-parlamento-europeo.html). Sulla tutela della dignità umana, vedi anche Papa Francesco, Lettera Enciclica Laudato sì del 24/05/2015, par. nn. 43 e 90 (cfr. https://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si.html).
[18] A.C. Moro, Manuale di diritto minorile, Zanichelli, IV Ed., p.41.
[19] Pamela Pace, Un amore in più. La gravidanza e il tempo dell’attesa, Ed.San Paolo 2018, p. 30 in cui l’autrice afferma che “nel dare diritto di cittadinanza al desiderio di una donna, e anche di un uomo, è necessario ricordare che anche i bambini hanno diritti ed esigenze di riconoscimento. Non sempre, infatti, un figlio a tutti i costi contempla questo necessario e prezioso sguardo”.
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Infortuni sul lavoro: è ancora allarme
Articolo pubblicato sul sito del Centro studi Rosario Livatino
Il numero dei morti sul lavoro in Italia nel 2022 è tornato ai livelli precedenti alla pandemia da Covid-19, ossia in media più di tre morti al giorno. Per prevenire con efficacia questo fenomeno non servono nuove leggi ma bisogna applicare quelle che ci sono prevedendo maggiori controlli ed investimenti sulla formazione.
Il numero dei lavoratori morti a causa di infortuni sul lavoro in Italia nel 2022 ha superato la quota di mille unità, più precisamente sono 1090 secondo rilevazioni dell’INAIL effettuate al 31/12/2022[1]. Nel 2021 il numero dei caduti sul lavoro era stato pari a 1.221 unità. Il dato sembrerebbe evidenziare un lieve miglioramento della situazione (131 morti in meno nello scorso anno), ma nel conteggio dell’anno 2022 va considerato il notevole minor peso dei decessi per Covid-19. Pertanto il numero delle morte bianche è tornato in linea rispetto ai livelli alti dell’epoca pre-pandemia.
Ciò è confermato dall’incremento del numero delle denunce di infortunio (+ 32, 9 % nei primi dieci mesi del 2022) e dall’aumento degli infortuni in itinere che sono aumentati del 21%, secondo i dati provvisori diffusi dall’INAIL[2]. Tra i settori più colpiti vi sono la sanità, i trasporti e le attività manufatturiere.
Come ricordato dal Primo Presidente della Corte di Cassazione Dott. Pietro Curzio nel discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario 2023, “una strategia di contenimento e riduzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali può intaccare i dati inaccettabili su riportati solo grazie ad un sistema di controlli capillare, efficiente e moderno”[3]. La risposta di carattere penale, che è comunque necessaria per sanzionare i responsabili delle violazioni, infatti non è sufficiente per ridurre il numero delle morti bianche. Per prevenire il fenomeno è indispensabile che vengano posti in essere degli interventi prima che avvengano gli infortuni.
Due sono le aree di intervento fondamentali: aumentare i controlli ispettivi e migliorare la formazione dei lavoratori.
Riguardo al primo aspetto si evidenzia che c’è una stretta correlazione tra i morti sul lavoro ed il lavoro irregolare. Infatti si stima che il giro di affari dell’economia sommersa in Italia sia di circa 200 miliardi l’anno, di cui 76 riguardano il mondo del lavoro sotto diverse forme come il lavoro nero ed irregolare[4]. Si tratta di rapporti di lavoro viziati di cui moltissimi sono privi delle tutele necessarie come ad esempio avviene nei c.d. contratti pirata, ossia quegli accordi sottoscritti da sindacati e associazioni imprenditoriali poco rappresentative che derogano in peius i minimi salariali previsti dai contratti collettivi nazionali[5].
Inoltre per potenziare l’attività ispettiva andrebbe incrementato l’attuale organico dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro il quale, nonostante l’incremento a seguito di recenti concorsi, non è adeguato per prevenire con efficacia il fenomeno a causa del numero limitato dei controlli. A ciò si aggiunga il problema della mancanza di un coordinamento e di una effettiva integrazione tra l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, l’INPS e l’INAIL.
Il secondo elemento essenziale per debellare la piaga delle morti bianche è quello di investire maggiori risorse per la formazione di tutti gli attori in materia di sicurezza sul lavoro.
Innanzitutto è necessario che le Regioni elaborino dei protocolli di intesa con le altre amministrazioni statali competenti in materia, i sindacati e le associazioni dei datori di lavoro, nonché dei piani di prevenzione e linee di indirizzo che contengano strumenti utili a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, come ad esempio la progettazione di luoghi di lavoro sicuri.
Inoltre devono essere destinate maggiori risorse per la formazione e l’aggiornamento dei datori di lavoro, dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione e dei rappresentanti dei lavoratori. Di particolare importanza è la previsione di un’offerta formativa che contenga l’analisi e l’individuazione dei rischi lavorativi e le possibili azioni a tutela dei lavoratori.
Infine la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro dovrebbe essere promossa anche nelle scuole e nelle università attraverso percorsi di formazione specifica dei docenti con l’utilizzo di strumenti multimediali e materiali didattici ed informativi per gli studenti, nonché mediante la previsione di bandi di concorso finanziati dalle Regioni e dall’INAIL per l’assegnazione di contributi per progetti educativi interdisciplinari.
Lorenzo Jesurum
[1] www.rainews.it/articoli/2023/01/lavoro-inail-698-mila-infortuni-e-1090-morti-nel-2022–2377ccc0-fa27-4653-a2bd-ccae2181f828.html
[2] www.inail.it/cs/internet/comunicazione/sala-stampa/comunicati-stampa/com-stampa-open-data-2022.html
[3] www.csm.it/web/csm-internet/attualita/news/-/asset_publisher/YoFfLzL3vKc1/content/anno-giudiziario-2023?redirect=%2Fweb%2Fcsm-internet%2Fattualita%2Fnews
[4] www.ilsole24ore.com/art/lavoro-irregolare-giro-d-affari-76-mld-entro-giugno-700-ispettori-piu-AENj14WB
[5] www.ilsole24ore.com/art/contratti-collettivi-oltre-terzo-e-pirata-anagrafe-unica-via-AEgxEN1
Sezioni Unite della Cassazione: la maternità surrogata offende la dignità umana anche se gratuita
Articolo già pubblicato sul sito del Centro Studi Livatino
Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 38162 emessa in camera di consiglio l’8 novembre 2022 e pubblicata il successivo 30 dicembre, hanno ribadito che la maternità surrogata – anche laddove avvenga in forma gratuita ‒ è sempre da considerarsi una pratica “che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”, come già affermato dalla Corte costituzionale. Il bambino nato da maternità surrogata all’estero non può quindi essere riconosciuto in Italia come figlio della coppia ma semmai soltanto di quello che ha dato il proprio apporto biologico. Di conseguenza, l’ufficiale di stato civile è tenuto a rifiutare la trascrizione degli atti di nascita stranieri che riconoscono il rapporto di genitorialità tra un bambino nato a seguito di maternità surrogata e il genitore d’intenzione (che non ha alcun rapporto biologico con il minore) per contrarietà all’ordine pubblico internazionale.
[Per saperne di più…] su di noiSezioni Unite della Cassazione: la maternità surrogata offende la dignità umana anche se gratuita