L’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19 ha determinato tutta una serie di problemi non solo nell’ambito strettamente medico, relativo all’assistenza dei malati e all’individuazione delle misure da adottare per contenere i contagi, ma anche in diversi altri ambiti, come ad esempio quello aziendale e commerciale.
Le imprese, a seguito della chiusura dei negozi, della limitazione degli spostamenti e in generale dell’osservanza di tutte le misure di contenimento previste, si sono trovate a dover affrontare problemi economici dovuti non solo ai mancati incassi, ma anche alle spese da sostenere. Fra queste ultime, per molte aziende, vi sono anche i canoni di locazione da corrispondere ai locatori.
Si sono quindi posti da subito interrogativi in ordine alla disciplina del rapporto contrattuale di locazione commerciale e, in particolare, in ordine al pagamento dei canoni.
Ci si è chiesti, ad esempio: è legittimo per i conduttori non pagare i canoni per tutto il periodo di emergenza sanitaria?
Questo interrogativo se lo sono posto soprattutto quei commercianti che, nel rispetto nelle norme di contenimento, sono stati obbligati a chiudere il negozio. Ma l’interrogativo ha riguardato anche quei commercianti che, pur avendo avuto la possibilità di non chiudere, hanno comunque subito perdite a causa della minore affluenza di persone. Lo stesso vale anche per le imprese produttrici che hanno dovuto rallentare, se non fermare, la produzione.
La questione permane anche a seguito dell’entrata in vigore del DPCM del 26 aprile 2020 – che ha disposto a far data dal 4 maggio 2020 la parziale riapertura di alcune tipologie di esercizi – sia perché molte attività commerciali resteranno ancora sospese (es. quelle dei servizi di ristorazione), sia perché la situazione di incertezza ha comunque avuto delle gravi ripercussioni sul commercio, in particolare per quelle attività che si basano sul turismo.
Ebbene, per dare una risposta all’interrogativo di cui sopra, va subito detto che il Decreto legge 17/03/2020, n. 18 (c.d. Cura Italia) non ha previsto alcuna autorizzazione in capo ai conduttori a non corrispondere i canoni di locazione, obbligo che quindi permane in capo agli stessi, tanto che all’art. 65 del medesimo decreto, in favore dei medesimi, è stata introdotta una misura di detrazione fiscale per il canone di marzo (nella misura del 60%): misura che presuppone il pagamento del canone da parte del conduttore.
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/17/20G00034/sg
A riguardo, l’Agenzia delle Entrate, nella circolare del 3 aprile 2020 n. 8/E, ha chiarito che un canone di locazione non pagato non produrrà credito d’imposta: la ratio della norma è evidentemente quella di ristorare il conduttore del canone versato, a fronte della sospensione dell’attività di impresa in questo periodo.
Per completezza, bisogna altresì considerare quanto previso dall’art. 91 del Decreto n. 18/2020, secondo cui “(…) Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Il citato art.1218 c.c. prevede che “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
Mentre l’art. 1223 stabilisce che: “Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”.
La norma introdotta dal decreto Cura Italia, pertanto, attenua fortemente le conseguenze previste dal nostro ordinamento in materia di inadempimento contrattuale da parte del debitore, financo a legittimarne il suo eventuale ritardo nel pagamento dei canoni dovuto alle conseguenze dell’emergenza sanitaria.
Ed ancora, riguardo al contenzioso in materia di locazione, è necessario ricordare il disposto dell’art. 103 comma 6 del Decreto n. 18/2020 secondo cui “l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 30 giugno 2020”.
Come detto, il decreto n.18/20 non legittima di per sé il conduttore a sottrarsi dall’obbligazione di pagamento dei canoni pattuiti per il godimento dell’immobile, configurandosi semmai soltanto un’impossibilità temporanea di eseguire la prestazione patrimoniale durante l’emergenza sanitaria, come tale priva di definitività e, conseguentemente, di qualsivoglia effetto liberatorio. Il conduttore potrà semmai ritardare legittimamente il pagamento dei canoni, dilazionandolo in futuro, senza per questo andare incontro alle relative conseguenze previste dal codice civile.
In mancanza di altri provvedimenti legislativi in materia, il problema del ritardato o mancato pagamento del corrispettivo dovrà essere risolto nell’ambito dell’autonomia privata, con la stipula di un atto integrativo al contratto tra il conduttore ed il proprietario (es. con dilazione/riduzione del canone/i in misura da concordarsi). Atto che dovrà essere registrato entro 30 giorni all’Agenzia delle Entrate, per evitare che il Fisco presuma che i proprietari abbiano continuato ad incassare i canoni come da contratto (a conferma che attualmente per lo Stato in generale non è cessato l’obbligo del pagamento dei canoni).
La richiesta di registrazione, considerata la situazione e al fine di provvedere entro i termini, può essere inviata a mezzo e-mail o via PEC. Va comunque considerato che nella Circolare n. 8/E del 3 Aprile 2020 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che lo slittamento dei termini a causa dell’emergenza sanitaria riguarda anche la registrazione degli atti.
Una volta finita l’emergenza occorrerà, in ogni caso, depositare l’originale dell’atto presso l’ufficio competente. Per la registrazione non sono dovute spese e l’atto è esente dal bollo, ai sensi dell’art. 19 del D.L. n. 133/2014 (“La registrazione dell’atto con il quale le parti dispongono esclusivamente la riduzione del canone di un contratto di locazione ancora in essere è esente dalle imposte di registro e di bollo”).
In astratto, fermo restando che ogni situazione presenta delle peculiarità che incidono ovviamente sull’individuazione della soluzione più adeguata al caso concreto, è possibile comunque indicare, in generale e senza pretesa di esaustività, due possibili strade da percorrere:
- Il locatore può accordare al conduttore una dilazione di pagamento, formalizzando quindi la giustificazione del ritardo e definendo consensualmente i tempi dell’adempimento;
- Il locatore ed il conduttore decidono di stipulare un accordo temporaneamente modificativo del contratto di locazione, pattuendo un canone ridotto per il mese di aprile ed eventualmente anche per quelli successivi (in tal caso è importante verificare quando riapriranno le attività) con una percentuale da concordarsi.
Di certo il conduttore, in assenza di formali accordi modificativi/integrativi, non potrà ritenersi liberato dall’obbligazione di corrispondere i canoni previsti dal contratto, continuando a sussistere l’obbligo del pagamento. Al limite, il conduttore potrà invocare la legittimità del ritardo ai sensi dell’art. 1256 c.c., corrispondendo però i canoni successivamente. In tal ultimo caso, si ritiene che nell’ottica della buona fede contrattuale e della correttezza, il conduttore dovrebbe comunque attivarsi per comunicare le sue difficoltà al locatore e stabilire di comune accordo come procedere e non già mettere il locatore di fronte al fatto compiuto dell’inadempimento, costringendo quest’ultimo a contattarlo per avere spiegazioni.