La scuola, assieme alla famiglia, è chiamata a formare i minori in modo che questi possano acquisire tutte quelle conoscenze necessarie per il sano ed equilibrato sviluppo della personalità e per la partecipazione attiva alla vita sociale. L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, in un documento del 2017 rivolto ai docenti e finalizzato a promuovere anche a scuola la consapevolezza e il rispetto dei diritti dei minori, ha indicato dieci principi fondamentali da rispettare.
In particolare, il Garante ha ricordato che i bambini e gli adolescenti hanno il diritto di essere tutelati da ogni forma di discriminazione, di crescere in uno spirito di eguaglianza e solidarietà, di essere liberi di esprimere la propria opinione con la certezza di essere ascoltati, di crescere in un ambiente sano e favorevole allo sviluppo armonioso e completo della personalità, di ricevere assistenza e protezione dalle istituzioni e di essere protetti da ogni forma di violenza fisica o psicologica.
La scuola è chiamata dunque a formare i minori nel rispetto di questi principi, promuovendo l’osservanza delle regole per la pacifica convivenza e trasmettendo i valori di una società democratica dove ogni individuo ha il diritto di essere rispettato e tutelato senza distinzioni – come si ricava dall’art. 3 della Cost. – di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e di condizioni personali e sociali. La collaborazione con le famiglie è fondamentale, in quanto la Costituzione riconosce solo ai genitori la responsabilità di provvedere all’educazione e all’istruzione dei propri figli, così come le fonti internazionali riconoscono ai genitori «la priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli» (art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo) e il diritto «di provvedere secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche» nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, senza ingerenze da parte dello Stato (art. 14 della Convenzione Europea sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo). Il patto educativo fra le due principali agenzie educative – la famiglia e la scuola – costituisce una fondamentale garanzia per lo sviluppo armonico dei minori.
In tema di formazione si è posto l’accento sull’importante ruolo della scuola anche nel contrastare e prevenire fenomeni di bullismo e di intolleranza (vedi art. 4 della Legge n. 71/2017 “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo“), come messo in evidenza anche dalle Linee guida del MIUR del 2015 “Linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo“.
In questa prospettiva sono stati formulati diversi progetti e si è anche iniziato a riflettere sull’opportunità di introdurre nelle scuole metodi didattici e/o insegnamenti volti a stimolare l’intelligenza emotiva dei bambini e dei ragazzi, in modo da offrire loro gli strumenti utili per comprendere le proprie ed altrui emozioni e per riuscire ad accogliere l’altro nella sua unicità. L’inclusione passa infatti attraverso la comprensione e la reciproca accettazione tra gli individui.
In alcuni Paesi europei, fra cui la Spagna e la Danimarca, nelle scuole sono state introdotte già da tempo lezioni o metodi educativi volti a stimolare l’empatia degli studenti e rafforzare il loro senso di responsabilità e di apertura all’altro: gli studenti vengono ad esempio incoraggiati dagli insegnanti a confrontarsi, ad esporre i propri problemi e le proprie opinioni, a chiedere o dare consigli ai compagni. In questo modo gli studenti, condividendo le esperienze personali, hanno la possibilità di conoscersi più a fondo, di sentirsi parte di un gruppo e di guardare la realtà da prospettive diverse: tutto ciò consente di acquisire non soltanto una maggiore sicurezza personale, ma anche una maggiore fiducia nelle relazioni umane.
L’odio, la violenza e l’incomprensione sono spesso originate dall’incapacità di entrare in relazione con l’altro: il mero disaccordo degenera in conflitto. Riuscire a comprendere le persone che si hanno accanto consente invece di dialogare con rispetto nella diversità, senza avere la pretesa di imporre le proprie idee. L’empatia produce effetti positivi sullo sviluppo della personalità del singolo e nelle relazioni interpersonali, favorendo la reciproca accettazione.
L’educazione della “intelligenza emotiva” (definita da Daniel Goleman come la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri e di saper gestire le emozioni in modo efficace) gioca dunque un ruolo molto importante nella crescita sana ed equilibrata dei minori.
Tuttavia in Italia sono state riscontrate delle lacune in questo settore: a metterlo in evidenza è stata la terza indagine internazionale sull’educazione civica e per la cittadinanza (ICCS – International Civic and Citizenship Education Study) promossa dalla IEA- International Association for the Evaluation of Educational Achievement. Dall’indagine è risultato che in Italia i curricula scolastici e la formazione dei docenti sono carenti sotto il profilo dell’educazione alle competenze sociali ed emotive, con ricadute negative sulla formazione, sull’apprendimento e sulla condotta degli studenti.
Questi dati sono ancora più interessanti se li si legge assieme ai dati raccolti nell’ambito di altre ricerche, in particolare quelle relative al passaggio dalla formazione all’occupazione. L’intelligenza emotiva, infatti, è stata inserita, con riferimento al mondo del lavoro, fra le prime dieci competenze richieste per il 2020 dal Word Economic Forum. Dagli studi che sono stati fatti è emersa una stretta correlazione fra l’educazione emotiva e la qualità dell’apprendimento: gli studenti che sono stati formati bene anche sotto il profilo dell’intelligenza emotiva hanno raggiunto risultati migliori, conseguendo quindi maggiori opportunità per il successivo inserimento nel mondo del lavoro.
Sul tema sono stati presentati due progetti di legge, uno al Senato (ddl n.1635, Leone ed altri) in data 3 dicembre 2019 e uno alla Camera (pdl A.C. 2782, Bellucci ed altri) in data 13 novembre 2020. In entrambi i casi è stata messa in evidenza l’opportunità, anche al fine di contrastare fenomeni di bullismo, di investire in un’offerta formativa scolastica – sia in termini di insegnamenti che di nuovi metodi educativi – in grado di stimolare negli studenti la capacità di entrare in relazione con se stessi e con gli altri.
L’auspicio è che le proposte formulate possano essere seriamente prese in considerazione dal legislatore, in quanto, come è stato osservato nell’introduzione al ddl Leone, «imparare a leggere gli altri è altrettanto importante che imparare a leggere i libri». L’educazione all’intelligenza emotiva può facilitare il raggiungimento degli obiettivi di promozione dei diritti fondamentali dei minori, «favorendo il recupero del vocabolario emotivo perduto, il miglioramento del clima relazionale, sia tra gli alunni e gli studenti che all’interno della holding educativa, tra alunni, studenti, insegnanti e famiglie … e la prevenzione dei casi di isolamento e di insorgenza precoce di patologie tra gli adolescenti», come messo in evidenza nell’introduzione della proposta di legge Bellucci.