Con il Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020[1] (c.d. Decreto Rilancio) il Governo, fino alla cessazione dello stato di emergenza sanitaria, ha riconosciuto in favore dei genitori lavoratori dipendenti del settore privato il diritto a svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità “lavoro agile”, anche in assenza degli accordi individuali, prevedendo due sole condizioni: 1) il lavoratore interessato deve essere genitore di un figlio di età inferiore ai 14 anni ; 2) l’altro genitore deve essere un lavoratore e non deve essere beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa.
Soddisfatte tali condizioni, il diritto a lavorare in modalità agile diventa quasi “automatico” per il lavoratore, a meno che per l’impresa la prestazione lavorativa non sia di per sé incompatibile.
Il lavoro agile non è una novità introdotta con il Decreto Rilancio, in quanto aveva già fatto ingresso nel nostro ordinamento attraverso il D.Lgs n. 81/2017 (art. 18 ss.), tuttavia la disciplina dettata da ultimo dal Governo segna una forte discontinuità rispetto a quanto già previsto.
Originariamente, uno dei trattai caratterizzanti il lavoro agile era infatti costituito dalla stipula da parte dell’impresa e del lavoratore di un accordo individuale finalizzato a regolare tutta una serie di aspetti del rapporto di lavoro, fra cui: le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, le forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro, gli strumenti utilizzati dal lavoratore, la previsione della durata e del preavviso in caso di recesso, l’indicazione dei tempi di riposo del lavoratore e delle misure tecniche e organizzative per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
Nel corso dell’emergenza sanitaria il modello di organizzazione del lavoro in smart working si è diffuso sempre di più per i vantaggi di essere uno strumento che, se ben utilizzato, può favorire la conciliazione tra le esigenze dell’impresa e quelle personali del lavoratore, nonché in considerazione della flessibilità concernente sia il luogo ove svolgere la prestazione sia l’orario di lavoro.
Tuttavia, a mio avviso, tale obiettivo viene perseguito nel decreto Rilancio senza considerare adeguatamente né il ruolo dei soggetti del rapporto di lavoro (imprese e lavoratori), né il ruolo della contrattazione che, sin dall’entrata in vigore della normativa del 2017, ha costituito un importante strumento di innovazione dell’organizzazione del lavoro e dei diritti dei lavoratori, ad esempio attraverso la stipula di accordi tra le Organizzazioni Sindacali e le PMI anche a livello regionale ed interconfederale.
La previsione di un diritto quasi automatico al lavoro agile potrebbe dunque arrecare, peraltro nella fase molto delicata della ripresa economica, un duplice pregiudizio sia ai c.d. lavoratori agili che agli imprenditori.
Per quanto riguarda i lavoratori perché ‒ in mancanza di una fonte collettiva in materia, di accordi individuali e di una policy aziendale specifica ‒ potrebbero trovarsi a dover svolgere la loro prestazione di lavoro agile in una situazione di incertezza, ad esempio in riferimento all’esercizio del diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche in dotazione, all’osservanza dell’orario di lavoro (con particolare riferimento ai riposi e ai permessi) nonché all’eventuale svolgimento di lavoro straordinario, alla tutela della salute ed alla sicurezza.
Per quanto riguarda gli imprenditori, un eventuale pregiudizio potrebbe derivare dai limiti all’esercizio del potere direttivo ed organizzativo previsti dall’art. 2104 c.c.
È plausibile ritenere che, anche una volta cessata l’emergenza sanitaria, il lavoro agile rimanga quale modalità diffusa, riguardando un numero sempre maggiore di lavoratori. Se questo dovesse accadere, sarebbe auspicabile che i rappresentanti delle imprese e dei lavoratori stipulassero un contratto collettivo, prevedendo una disciplina quadro di riferimento e lasciando al contempo ampi spazi alle esigenze di auto-organizzazione delle aziende e dei singoli lavoratori.
[1] Cfr. art. 90 Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020. Per il testo cliccare qui