Articolo già pubblicato sul sito del Centro Studi Livatino
Internet costituisce un’importante risorsa ma sono sempre più numerosi i rischi per chi naviga in rete senza la dovuta consapevolezza. I minori sono particolarmente esposti ai pericoli dei social network, come è stato confermato dal recente fatto di cronaca della bambina morta all’età di dieci anni per aver partecipato ad una sfida on line su TikTok. Non bisogna però demonizzare la rete, occorre piuttosto favorire la “cultura della protezione dei dati personali”, a partire dalla scuola e dalla famiglia.
Nei giorni scorsi ha occupato le pagine di molti giornali un triste fatto di cronaca riguardante una bambina palermitana morta all’età di appena dieci anni per aver partecipato ad una delle tante “prove” proposte sul popolare social network TikTok[1].
La prova consisteva nel resistere il più possibile con una corda stretta attorno al collo. La bambina è morta per soffocamento.
Purtroppo il caso della piccola Antonella – era questo il suo nome – non è il primo. Altri bambini ed adolescenti sono stati infatti vittime in tutto il mondo di giochi on line pericolosi e di “prove di abilità” lanciate sui social network che li hanno portati alla morte. Foto scattate nell’atto di gettarsi da un’auto in corsa, video girati dopo aver assunto dosi massicce di antistaminici o in situazioni pericolose: sono solo alcuni degli esempi di challenge pericolose che girano sui social e in particolare su TikTok, la piattaforma cinese che, complice anche la lunga permanenza in casa di molti minori per via della situazione sanitaria, ha in poco tempo visto aumentare in modo esponenziale il numero degli iscritti.
Bambini e ragazzi, inconsapevoli della pericolosità di certi “giochi”, vanno incontro alla morte o a gravi pericoli pur di conquistare qualche cenno di approvazione della comunità virtuale. Una spirale perversa fatta di effimera soddisfazione per un “mi piace” conquistato o per un complimento ricevuto, nonché di disperazione e ricerca di riscatto per ogni commento negativo.
Giochi dannosi che trascinano i più giovani in una solitaria realtà virtuale, dove il senso del limite sembra non esistere, dove si viene incitati e condizionati psicologicamente a fare cose assurde pur di non sentirsi esclusi. Ragazzine giovanissime che si esibiscono con abiti succinti e striminziti in balli dal contenuto erotico, bambini e adolescenti che passeggiano sui cornicioni dei palazzi o si tagliano le vene o, ancora, prendono a pugni i passanti per strada mentre vengono ripresi. Tutto per un po’ di celebrità, per sfuggire alla noia, per essere “alla moda” o per non sentirsi “diversi dagli altri”.
La tragica morte della piccola Antonella ha riacceso il dibattito sulla pericolosità dei social network e ha ridestato l’attenzione di tanti genitori ormai rassegnati a cedere alle richieste pressanti dei figli di avere uno smartphone e di poter liberamente chattare quando ancora frequentano la scuola primaria.
Molti genitori si sentono impotenti, non sanno cosa sia giusto fare e spesso seguono la massa: acquistano uno smartphone al figlio perché “la maggior parte degli amici ha il cellulare”, lasciano che i figli trascorrano molto tempo sui social network perché non vogliono discutere, perché non vogliono isolare i figli o perché sono troppo presi dalle loro attività quotidiane. Molto spesso i genitori sono del tutto impreparati ad affrontare certi discorsi. Per i genitori è sempre stato difficile prendere decisioni per il bene dei figli e oggi lo è ancora di più rispetto al passato, in quanto lo sviluppo tecnologico ha creato artificialmente tante realtà parallele, da quella virtuale a quella aumentata, costruendo a poco a poco un ambiente digitale che non può essere ignorato perché sta prendendo sempre più spazio nella vita delle persone. Un ambiente virtuale che tuttavia coglie molti adulti impreparati ed inconsapevoli dei rischi.
È quindi una mera illusione quella di pensare di proteggere i giovani impedendo loro l’accesso ai social network o mettendo filtri su filtri. Non serve a nulla e non sarebbe neppure giusto demonizzare internet: la rete, oltre ai pericoli, offre anche delle innegabili opportunità. I minori devono quindi essere educati ed istruiti ad un uso consapevole delle app e dei social, nella consapevolezza che ci sono dei rischi, esattamente come quando si va per la strada: bisogna fare attenzione, soprattutto se si percorrono strade non conosciute.
I pericoli sono sempre esistiti, come ci insegnano le favole con cui sono cresciute tante generazioni. Se un tempo per spiegare ai bambini l’importanza di stare attenti agli sconosciuti si raccontava loro la favola di Cappuccetto Rosso, oggi è prioritario far capire ai bambini che la rete non è un luogo sicuro, bensì un posto dove si celano tanti pericoli, dove si possono fare incontri pericolosi e dove ci sono tantissimi lupi famelici che vanno a caccia di minori per soddisfare gli impulsi più bassi e perversi.
Ma non solo. I genitori devono ascoltare i propri figli, incoraggiarli, consolarli. Un minore che va alla ricerca disperata dell’approvazione altrui è un minore che non si sente abbastanza apprezzato o amato in famiglia o fra i coetanei. I genitori devono avere la consapevolezza che non è normale e non è sano per i bambini e gli adolescenti trascorrere tanto tempo sui social network, a prescindere dai contenuti. Non bisogna trascurare i meccanismi psicologici che possono portare i minori, soprattutto nell’adolescenza o nella pre-adolescenza, a seguire passivamente il gruppo e a farsi convincere che “non c’è niente di male” a comportarsi in un certo modo o ad accettare una sfida.
L’algoritmo di TikTok è stato studiato appositamente per tenere il più possibile on line gli utenti: la piattaforma, grazie ad un sofisticato modello matematico in grado di riconoscere il successo dei contenuti e di catalogarli, offre in continuazione agli utenti video che rispondono ai loro interessi. Così facendo gli utenti, soprattutto minori, sono indotti a passare da un video all’altro, trascorrendo così molto tempo sulla piattaforma e facendo acquisire alla stessa anche ulteriori informazioni sulle loro abitudini.
Negli USA è stata già avviata una class action contro il social cinese, accusato di un impiego poco trasparente delle informazioni messe a disposizione di Pechino. Anche il Garante privacy italiano ha in più occasioni manifestato sospetti su TikTok e nel mese di dicembre 2020, in una nota, ha espressamente contestato alla piattaforma tutta una serie di violazioni, manifestando l’urgenza di aprire un procedimento formale nei suoi confronti a tutela dei minori italiani. In particolare, il Garante ha rilevato le seguenti violazioni:
- Il facile aggiramento del divieto di registrazione della piattaforma per i minori di 13 anni[2];
- La mancanza di trasparenza e chiarezza nelle informazioni fornite agli utenti (in violazione dell’articolo 12 del GDPR, che richiede l’utilizzo di un linguaggio più semplice che tenga in considerazione le esigenze specifiche dei minori);
- La mancata specificazione dei periodi di conservazione dei dati e delle finalità per cui i dati vengono raccolti (in violazione dell’articolo 13 del GDPR);
- Le garanzie poco chiare e non specificate in merito ai trasferimenti di dati verso paesi extra-UE (in violazione degli articoli 13 e 44-49 del GDPR);
- L’ impostazione di default su “pubblico” dei profili degli utenti (in violazione dell’articolo 25 del GDPR, che richiede l’adozione di misure di sicurezza, tecniche e organizzative, per consentire agli utenti di scegliere se i propri dati personali debbano essere divulgati o meno a un numero indefinito di soggetti).
Lo scorso 24 gennaio, inoltre, il Garante privacy ha chiesto al Comitato europeo per la protezione dei dati personali (Edpb) ‒ che riunisce tutte le Autorità privacy dell’Unione ‒ di affrontare la questione nella prossima riunione plenaria del 28 febbraio e di attivare una specifica task force a tutela dei dati personali degli utenti e in particolare dei minori, in ragione del grande successo riscosso dalla piattaforma fra i giovanissimi, nonostante siano stati più volte resi noti i rischi.
Dopo la tragedia avvenuta a Palermo, il Garante ha inoltre ordinato a TikTok di bloccare immediatamente l’utilizzo dei dati degli utenti per i quali non è stata stabilita con certezza l’età[3].
In questi giorni si parla tanto – giustamente – della pericolosità di TikTok, ma non bisogna cadere nell’errore di pensare che gli altri social siano più sicuri. Per il fatto stesso di essere on line, qualsiasi social network presenta dei rischi più o meno evidenti, primo fra tutti il rischio di sottrazione o uso illecito di dati personali.
Postare una foto o un video su una chat costituisce già di per sé un pericolo, in quanto una volta messi on line quei contenuti sfuggono al controllo dell’interessato.
Sull’argomento purtroppo si registra una scarsa consapevolezza da parte non soltanto di minori ma anche di adulti e questo dovrebbe indurre le istituzioni a riflettere sull’importanza di investire tempo e risorse economiche nella diffusione della “cultura della tutela del dato personale”.
È necessario un dibattito che affronti questa tematica e che permetta di avviare un percorso verso la creazione di strumenti legislativi e tecnologici in grado di tutelare in maniera adeguata la privacy di chi utilizza software e piattaforme online.
Il tema richiede quindi una riflessione ampia, che parta per esempio dalla necessità di mettere in campo strumenti che possano consentire un’identificazione certa di chi fruisce dei servizi su Internet, tutelando allo stesso tempo la loro privacy. Nessuna azienda, infatti, ha oggi a disposizione strumenti tecnici che le consentano di verificare l’età degli utenti e, tantomeno, quelli che permettano di certificare l’autenticità di una eventuale autorizzazione dei genitori. Purtroppo sembra che l’approccio attuale in tema di tutela dei minori in rete si muova su due piani, che rappresentano entrambi un vicolo cieco: lasciare la soluzione alla buona volontà delle singole aziende o scaricare tutte le responsabilità sul dovere di sorveglianza in capo ai genitori[4]. È senz’altro fondamentale poi il ruolo della scuola, che deve affiancare le famiglie e formare gli studenti anche sotto il profilo dell’uso consapevole delle nuove tecnologie. Come si è detto, infatti, non sempre i genitori sono preparati in maniera adeguata ad educare ed istruire i figli sull’uso corretto dei dispositivi elettronici e dei social network. Non a caso il Garante per l’infanzia e l’adolescenza, già nel 2018, ha individuato fra le cinque priorità per la scuola “lo sviluppo di programmi di potenziamento della consapevolezza digitale, destinati sia agli alunni/studenti sia agli insegnanti, al fine di rendere bambini e ragazzi cittadini digitali critici e consapevoli”.
[1] Nota con il nome di Douyin in Cina, l’app TikTok, di proprietà della società cinese Bytedance, ha preso il posto di Musical.ly, piattaforma di videosharing che permetteva di cantare in playback dei brani musicali. Lanciata con il nuovo nome sul mercato internazionale nel 2017, con il passare del tempo ha conquistato una fetta sempre più ampia di pubblico. Arrivando a oltre 1,5 miliardi di download secondo gli ultimi dati, risalenti a novembre 2019. Un fenomeno a livello globale, che sta conquistando anche personaggi dello spettacolo e brand. Sempre nel 2019 sono stati caricati ben 236 video al minuto su TiktTok Italia, che conta oltre 6 milioni di iscritti: i dati elaborati da Coscom hanno registrato una crescita esponenziale da settembre a novembre 2019. Un incremento del 202% che è il più elevato nel panorama internet italiano. I contenuti sono di vario genere e su diversi argomenti. Quindi non solo performance degli utenti ‒ chiamati TikToker ‒ ma anche video divertenti, oppure focalizzati sulla moda, i viaggi, l’education, la famiglia, il mondo degli animali.
Tiktok ha avuto molto successo anche perché è gratuita (posto che non va dimenticato che le piattaforme che offrono servizi “gratuiti” in realtà ricevono in cambio dagli utenti un bene prezioso: i dati personali.
Al momento della registrazione viene richiesta l’età: formalmente non è permesso l’utilizzo di TikTok ai minori di 13 anni o al di sotto dell’età minima prevista secondo le normative del paese di riferimento, tuttavia, come osservato dal Garante privacy, è piuttosto agevole iscriversi anche per i minori più piccoli, visto che non ci sono controlli adeguati.
Una volta creato il proprio profilo, è possibile iniziare subito a seguire altri utenti, dando il proprio sostegno con cuori, commenti e condivisioni; guardare i vari video caricati; creare i propri video, scegliendo gli effetti e la musica da utilizzare.
Di default i video sono pubblici, ma il social dà la possibilità di condividerli anche solo con una cerchia ristretta di amici, come avviene per Facebook e Instagram. Su TikTok possono essere effettuate ricerche per parola chiave e individuare il meglio, gli utenti, i video, i suoni e gli hashtag collegati. La ricerca dei video di tendenza avviene tramite hashtag.
[2] È stato verificato che su TikTok i minori possono facilmente inserire una falsa data di nascita, senza che vi sia controllo da parte dei gestori della piattaforma. Questo viola il disposto dell’articolo 8 del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali 2016/679 (“GDPR”) e dell’articolo 2-quinquies del Codice Privacy, che prevedono entrambi le condizioni applicabili al consenso del minore in relazione ai servizi della società dell’informazione. Infatti, in Italia l’iscrizione di un minore di 14 anni ad un social network richiede che il consenso sia autorizzato dai genitori o dai titolari della potestà genitoriale. Il controllo dell’età dell’utente, specie se minore, è motivato dal disposto dell’art. 8 del GDPR, il quale prevede che in relazione all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale. Sul punto, il Garante per l’infanzia e l’adolescenza, in occasione del parere sul GDPR, aveva messo in rilievo l’importanza di evitare il libero accesso ai social per i minori al di sotto dei sedici anni.
[3] Vedi https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9524194
[4] I primi tentativi per operare controlli sull’età degli utenti sono stati avviati nel Regno Unito, con un progetto che prevedeva l’obbligo per siti e piattaforme di richiedere l’upload di un documento di identità che certificasse la maggiore età degli utenti, si sono scontrati con il timore di generare un effetto boomerang che finiva per mettere a rischio la riservatezza dei dati stessi. Un paradosso difficile da superare che, però, non può esaurire la discussione su questo argomento.