Leggi tutto: L’Italia ha i salari più bassi tra gli Stati economicamente avanzati (-7% rispetto al periodo pre-pandemia), occorre intervenire con urgenza
Secondo fonti dell’OSCE e dell’ISTAT[1], tenendo conto della variazione percentuale cumulativa nel periodo dal 4 trimestre 2019 al 4 trimestre 2022, l’Italia, rispetto al periodo precedente alla pandemia, ha registrato la diminuzione più forte nelle retribuzioni (7%) tra i paesi economicamente avanzati. La diminuzione è continuata nel 1 trimestre del 2023 con una flessione su base annua del 7,5 %. Tale dato è in linea con l’andamento storico negativo dei salari nel nostro paese visto che tra il 1990 ed il 2020 si è registrata una diminuzione del salario medio del 2,9 %, mentre negli altri paesi europei in media è aumentato nello stesso periodo.
In particolare in Italia 2.945.877 milioni di lavoratori prendono meno di 9 euro all’ora e 2.248.308 tra i 9 e 10 euro. Gli occupati con contratti “non standard” sono presenti soprattutto nelle professioni non qualificate, nell’agricoltura e nel lavoro domestico ma anche in altri ambiti (es. commercio e servizi). Purtroppo il lavoro povero è divenuto ormai un fenomeno strutturale nel nostro mercato del lavoro e pertanto sono urgenti delle misure per contrastarlo e per rispettare il principio di cui all’art. 36 Cost. che sancisce il diritto del lavoratore ad una retribuzione sufficiente a garantire a sé stesso e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa.
L’aumento dei lavoratori poveri è dovuto a più cause, tra cui il ritardo nel rinnovo di un consistente numero di contratti collettivi (circa il 50% dei lavoratori italiani è coperto da un contratto collettivo che è scaduto da più di due anni) e la proliferazione di accordi sindacali (c.d. contratti pirata) che non rispettano i minimi contrattuali.
Infatti si registra sempre più spesso un quadro all’interno del quale nascono nuove organizzazioni sindacali e datoriali prive di capacità rappresentativa firmatarie di CCNL al ribasso di contrattazione “pirata” nelle relazioni di lavoro. Un ulteriore fattore che ha inciso negativamente sulle retribuzioni negli ultimi anni è il dumping salariale tra i Paesi dell’Unione Europea ed anche al di fuori dell’UE.
In Italia il rischio di povertà lavorativa è più marcato per i lavoratori stagionali, i lavoratori assunti con contratto a tempo parziale, nonché quelli autonomi, e aumenta notevolmente nei nuclei familiari con figli in cui c’è un solo percettore di reddito
Per contrastare il lavoro povero è necessario garantire ai lavori minimi contrattuali adeguati e per farlo occorre estendere a tutti i lavoratori la disciplina dei contratti collettivi (o comunque nell’aumentare la copertura della contrattazione collettiva combattendo il fenomeno dei c.d. contratti pirata), nonché introdurre un salario minimo per legge (nell’area UE il salario minimo esiste in 21 Stati su 27) generalizzato o comunque in settori specifici, in modo da tutelare quelle fasce di lavoratori attualmente non coperte dalla contrattazione collettiva così come è avvenuto in Germania dove l’introduzione del salario minimo dal 2015 ha avuto un impatto positivo sull’occupazione in particolare nei settori meno tutelati e sul PIL.
Adottare nuove misure a sostegno dei lavoratori poveri appare quindi estremamente urgente anche in ragione della situazione determinatasi a causa del tasso di inflazione che, in base all’ultima rilevazione dell’Istat (giugno 2023) nonostante la contrazione per i beni energetici, resta ancora alto (+6,4 % su base annua, da + 7,6 % del mese precedente), soprattutto per i beni alimentari per la cura della casa e della persona (da +11,2 % a +10,5%).
[1] https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2023/07/11/ocse-in-italia-il-piu-forte-calo-di-salari-tra-le-grandi-economie_cdd48a66-fe5e-4a4b-b9c1-64338671d4c9.html